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Si tratta di un batterio aerobio del quale sono state identificate quasi 50 specie diverse e più di 70 ceppi, tra i quali la più pericolosa è la Legionella Pneumophila, responsabile di infezioni polmonari anche gravi che, attraverso il coinvolgimento degli organi extra polmonari, possono portare alla morte dell’individuo colpito nel 5-15% dei casi.
Il batterio sopravvive tra 5 e 55°C e prolifera tra 24 e 42°C, in condizioni di stagnazione e in presenza di incrostazioni o sedimenti, ma può anche creare in maniera indipendente il proprio ambiente ideale (biofilm), resistente sia all’azione termica che a quella chimica.
Il genere Legionella è stato così denominato nel 1976, dopo che un’epidemia si era diffusa tra i partecipanti al raduno della Legione Americana al Bellevue Stratford Hotel di Philadelphia. In quell’occasione, 221 persone contrassero questa forma di polmonite precedentemente non conosciuta, e 34 morirono. La fonte di contaminazione fu identificata nel sistema di aria condizionata dell’albergo che, insieme agli impianti di produzione e distribuzione dell’acqua calda, rappresentano l’habitat naturale del batterio (si trova anche nei fiumi e nei laghi e in generale in tutti gli specchi d’acqua la cui temperatura non è eccessivamente bassa, ma in questi casi è presente in dosi talmente basse da non costituire un pericolo).
Prevenzione e ciclo antilegionella
Per ridurre la pericolosità di questo batterio, oltreché l’adeguata manutenzione, che prevede una corretta pulizia degli impianti, degli accumuli e dei serbatoi, anche con trattamenti chimici volti ad eliminare il biofilm, è possibile agire già dalla fase di progettazione, eliminando la possibilità di ristagno dell’acqua (quindi ottimi impianti con ricircolo) e prevedendo ove possibile tubazioni di rame per la distribuzione finale, in quanto il rame inibisce la formazione della legionella.
Un’alternativa è costituita dalla produzione istantanea dell’acqua calda sanitaria, senza prevedere accumuli e serbatoi (tuttavia in questi casi ne risentirebbero i costi e le necessità di spazio, che si accrescerebbero).
Il primo metodo di trattamento è la disinfezione termica, che consiste nel portare l’acqua sopra i 60°C: tuttavia, per essere realmente efficace, tutti i punti dell’impianto (compresi i terminali di distribuzione) devono raggiungere la temperatura in questione, che però non incide sul biofilm, per cui la legionella ha possibilità di ricostituirsi nel giro di qualche settimana.
Più efficace l’aggiunta di cloro in concentrazione elevata: la sostanza raggiunge adeguatamente tutti i punti dell’impianto, e agisce anche sul biofilm; tuttavia, oltre il fatto che alcune tubature potrebbero corrodersi, esistono dei limiti oltre i quali l’acqua non è più potabile (per cui, dopo m’impiego del cloro, saranno comunque necessari una serie di lavaggi dell’impianto prima di ripristinare la distribuzione dell’acqua).
A tutti questi limiti è possibile ovviare con l’impiego di piccole quantità di biossido di cloro, che presenta l’unico svantaggio che va prodotto in loco con idonee apparecchiature di potenzialità adeguata all’impianto.
Anche l’irradiazione del flusso d’acqua con lampade a raggi ultravioletti non si dimostra efficace sul biofilm e sulle zone di ristagno, per cui è necessario abbinarlo ad altri metodi (il ché però implica che si incrementino ulteriormente i costi, che già rappresentano il deterrente maggiore all’impiego di questo metodo).
La quinta modalità si basa sull’azione combinata di ioni rame e argento, generati tramite elettrolisi: tuttavia, a dispetto dell’efficacia, questo tipo di intervento viene inficiato in presenza di tubi zincati (in quanto lo zinco inattiva gli ioni argento) e di livelli inadeguati di ioni concentrati (troppo bassi non sono adeguatamente disinfettanti, troppo alti rendono non potabile l’acqua).
L’argento può essere adoperato anche in una soluzione stabile con acqua ossigenata, tuttavia tale metodo è relativamente recente e ancora poco diffuso per poterne dedurre la validità.
Non presenta rischi per la potabilità dell’acqua l’ozono, che presenta il vantaggio di agire anche su altri batteri e microrganismi eventualmente presenti nell’acqua.
L’ultimo e più innovativo metodo si basa sull’impiego di nanotubi applicati o direttamente sui punti di prelievo o sulle tubazioni di distribuzione, che costituiscono un filtro meccanico (filtro a membrana) per i batteri della legionella: tuttavia, trattandosi di diametri ridottissimi, i filtri vanno sostituiti con una certa periodicità e abbinati a qualcuno degli altri metodi e solo in assenza di impurità (pena l’intasamento immediato del filtro).
Tutto sommato però è bene evitare di affidarsi a un solo metodo, per quanto semplice o economico, ed è preferibile invece combinarne diversi in modo da garantirsi un ottimo livello di protezione a fronte di una spesa ragionevole, anche perché ci sono più di cento casi all’anno di legionellosi in Italia: una questione non proprio trascurabile!
 
La legionellosi
La malattia polmonare provocata dal batterio può manifestarsi in due forme distinte:
  • la malattia del legionario vera e propria, che frequentemente include una forma più acuta di polmonite
  • la febbre Pontiac, una forma molto meno grave.
Poiché sedimenti organici, ruggini, depositi di materiali sulle superfici dei sistemi di stoccaggio e distribuzione delle acque facilitano l’insediamento della Legionella, essa pone un serio problema di salute pubblica, soprattutto in ambienti come case di cura, residenze per anziani, ospedali, piscine, e altri luoghi pubblici.
La distinzione tra la legionellosi e altre forme di polmonite può essere fatta solo attraverso test diagnostici specifici e non sulla base dei sintomi che sono molto simili. Il test diagnostico classico, che solitamente viene effettuato solo quando esiste un sospetto di legionellosi, è l’isolamento del batterio dallo sputo, l’analisi degli antigeni presenti nelle urine e il livello di anticorpi nel sangue.

Nella forma febbrile minore, che può insorgere anche a poche ore dall’esposizione all’agente batterico fino a un paio di giorni dopo, la legionellosi causa febbre e dolori muscolari ma non polmonite. In questo caso i sintomi si riducono nel giro di pochi giorni.

Il trattamento della legionellosi, essendo una malattia di origine batterica, passa soprattutto attraverso terapie antibiotiche, che in pazienti non immunocompromessi, consente la guarigione senza strascichi o conseguenze importanti.